Come funziona la bonifica dei siti contaminati in Italia?

bonifica terreno

L’industrializzazione del secolo scorso, spesso accompagnata da una consapevolezza ambientale scarsa o nulla, ha lasciato anche nel nostro Paese una pesante eredità in termini di siti contaminati. Purtroppo sono migliaia quelli presenti sul territorio nazionale, e centinaia di migliaia le persone che vivono in prossimità di questi siti.

Fortunatamente negli ultimi decenni si è sviluppata sempre più una cultura delle bonifiche dei terreni contaminati. In questo campo è stato fondamentale il contributo alla ricerca delle università, di alcuni settori degli enti pubblici nonché del mondo imprenditoriale, che si sono ispirati soprattutto alle esperienze provenienti dal continente americano.

Parallelamente è cresciuta anche la consapevolezza dei cittadini, che chiedono con sempre maggior forza un incremento dei finanziamenti pubblici ai progetti di bonifica, ma anche una modifica delle politiche industriali, per far sì che diventino più ispirate al rispetto per il territorio e la salute pubblica.

Siti contaminati in Italia: la situazione attuale

L’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ha individuato ad oggi 42 Siti di Interesse Nazionale (gravemente contaminati), che occupano in totale 1.772 km² del territorio italiano.

A questi si aggiungono i siti inseriti nell’anagrafe regionale dei siti da bonificare, pari a 4.690 (dati rapporto ISPRA 2020). Su circa il 97% dei siti individuati è in corso un procedimento di bonifica, in stadio più o meno avanzato.

Fonte immagine: https://www.isprambiente.gov.it/en/publications/reports/status-of-contaminatd-sites-management-in-italy-regional-data_summary.pdf

Il ruolo essenziale della bonifica

La bonifica dei siti e terreni contaminati ricopre un ruolo assolutamente strategico nella pianificazione territoriale, in quanto permette di recuperare aree compromesse e riqualificare l’ambito territoriale.

Nello specifico, la definizione normativa di bonifica è quella di “insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento/le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello inferiore alle Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR)/Contaminazione (CSC)” (art. 240 di D.Lgs. 152/2006).

È evidente quindi che attorno a questo procedimento si intrecciano molte tematiche diverse, di tipo ambientale ma anche economico e normativo, che condizionano la sostenibilità degli interventi di bonifica (e, di conseguenza, la loro messa in atto). In particolare, la sostenibilità economica dei progetti di bonifica è legata a doppio filo alle possibilità di riutilizzare e valorizzare le aree riqualificate una volta concluso il procedimento.

Il procedimento di bonifica dei siti contaminati in Italia

Un procedimento di bonifica si può attivare a seguito di:

  • notifica da parte del soggetto responsabile dell’inquinamento (art. 242 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.);
  • accertamento da parte della Pubblica Amministrazione (art. 244 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.);
  • richiesta da parte di un soggetto interessato non responsabile della contaminazione (art. 245 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.).

Ricordiamo infatti che sia i soggetti responsabili dell’inquinamento che i soggetti interessati ma non responsabili (es. proprietario dell’area contaminata) hanno delle responsabilità di tipo penale in caso si rendano conto di una potenziale contaminazione del suolo.

Inoltre, l’esecuzione di un’indagine ambientale preliminare all’attivazione di una eventuale procedura di bonifica può essere espressamente richiesta da regolamenti regionali e comunali in alcune situazioni, ad esempio in caso di dismissione di attività produttive, rimozione di serbatoi interrati, rimozione di rifiuti abbandonati…

Sintetizzando, la procedura di bonifica può essere schematizzata in questo modo:

  • Comunicazione iniziale, da effettuare agli enti di competenza al verificarsi di un evento potenzialmente in grado di contaminare il sito (o in caso di contaminazione già in atto);
  • Definizione preliminare del sito, dove si approfondiscono le caratteristiche del sito e della contaminazione;
  • Viene quindi predisposto il Piano di caratterizzazione, dove vengono raccolti dati storici sulle attività produttive sul sito e viene verificata la presenza di centri di pericolo. A questo segue la predisposizione di un Protocollo di campionamento e analisi del suolo, del sottosuolo e delle acque di falda;
  •  Si procede con la redazione dell’Analisi di Rischio sito-specifica, finalizzata alla determinazione delle Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR) accettabili per quel sito specifico. Nel caso in cui le concentrazioni dei contaminanti presenti in sito risultano inferiori alle CSR, il sito è classificato “non contaminato” ed il procedimento di bonifica avviato si conclude. Se invece le concentrazioni dei contaminanti presenti in sito risultano superiori alle CSR, il sito è classificato “contaminato” e il procedimento di bonifica prosegue;
  • Viene redatto il Progetto Operativo di Bonifica, che individua gli interventi di bonifica del sito, le tecnologie applicabili, i costi ed i tempi previsti per la bonifica. Il Progetto deve essere approvato da parte dell’autorità competente (Ministero dell’Ambiente, Regione o Comune);
  • Arriviamo quindi al Collaudo degli interventi di bonifica da parte dell’Agenzia per l’Ambiente competente per territorio (ARPA/APPA), con l’obiettivo di verificare il raggiungimento degli obiettivi stabiliti. I risultati dei collaudi sono riportati in una specifica Relazione Tecnica, a seguito della quale l’Ente titolare del procedimento certifica l’avvenuta bonifica;
  • Viene redatta infine Certificazione di avvenuta bonifica da parte dell’Ente competente, a seguito dei collaudi svolti da ARPA/APPA.

Bonifiche di terra: il metodo TevGroup

A seguito di una riflessione importante sulla decontaminazione delle aree compromesse, noi di TevGroup abbiamo optato per operare con un innovativo sistema di solidificazione/stabilizzazione del materiale inquinato.

Il risultato eccezionale di questo processo, brevettato e sperimentato negli anni in una partnership con MAPEI, è quello di trasformare il sedimento contaminato in pellets decontaminati, adatti per essere riutilizzati come pavimenti e arredi urbani.

Questo procedimento è stato applicato con successo, tra gli altri esempi, anche nelle ex Vetrerie del Ferro e nelle ex Conterie di Murano.