La necessità di smaltire le acque reflue è antica quasi quanto l’umanità. Moltissime attività umane, infatti, portano alla produzione di acque di scarico contaminate, che devono essere in qualche modo immesse nell’ambiente. Fiumi, laghi e mare sono in grado di assorbire una certa concentrazione di sostanze inquinanti e autodepurarsi, ma la densità dei centri abitativi e l’abbondante utilizzo di sostanze chimiche nelle case e nelle industrie hanno reso indispensabile, oggi più che mai, un trattamento di depurazione delle acque reflue per non compromettere l’equilibrio dell’ecosistema.
Cos’è la depurazione delle acque reflue?
La depurazione delle acque reflue come la intendiamo oggi si è diffusa solo a partire dal secolo scorso. In Italia, in particolare, questo tema è stato affrontato con attenzione solo a partire dagli anni ’70, quando la legge Merli (legge 319 del 1976) ha stabilito le concentrazioni limite dei parametri delle acque di scarico.
Il processo di depurazione delle acque reflue è un’operazione complessa che – attraverso una combinazione di trattamenti meccanici, chimici e biologici – mira a rimuovere gli inquinanti dall’ acqua di scarico e renderla così abbastanza pulita da poter essere rilasciata nel suolo o nei corpi idrici senza danneggiare l’ambiente.
Tipologie di reflui nelle acque di scarico
Nella normativa italiana, si distinguono due fondamentali tipologie di acque di scarico: gli scarichi civili e gli scarichi industriali.
I reflui industriali meriterebbero un discorso a parte, perché la composizione delle acque di scarto e la tipologia di inquinanti presenti varia a seconda del processo industriale utilizzato. Per questo motivo ad alcune attività (ad esempio lavanderie industriali, cantine vinicole, industrie chimiche) viene richiesto dalla legge un trattamento preventivo delle acque reflue.
Le acque reflue urbane comprendono invece le acque di rifiuto domestico e le acque di ruscellamento, cioè quelle derivate dall’acqua piovana e dal lavaggio delle strade – banalmente, l’acqua che finisce nei tombini stradali.
In generale, le acque di scarico (anche civili) possono contenere vari contaminanti ad alto impatto ambientale, come ad esempio:
- solidi sospesi, che possono depositarsi sul fondo e creare una pellicola melmosa;
- sostanze organiche, che sottraggono ossigeno dalle acque in cui sono scaricate;
- ammoniaca, idrogeno solforato e tensioattivi, sostanze tossiche per gli organismi acquatici;
- composti di fosforo e azoto, che favoriscono la crescita di alghe;
- batteri patogeni, diffusori di malattie.
Per questo motivo è sempre previsto il passaggio delle acque di scarico attraverso un impianto di depurazione, dove si andrà a diminuire o a rimuovere la concentrazione delle sostanze inquinanti fino ad un livello idoneo per essere smaltito nell’ambiente.
La filiera della depurazione delle acque reflue
In un impianto di depurazione “classico” le acque di scarico sono sottoposte a trattamenti di vario tipo, che servono fondamentalmente a:
- separare e filtrare le sostanze galleggianti e in sospensione;
- separare e rimuovere i contaminanti disciolti;
- trasformare le sostanze biodegradabili;
- disinfettare per eliminare i microrganismi.
Il sottoprodotto di questo processo sono i cosiddetti fanghi attivi, dove vengono concentrate le sostanze indesiderate. I fanghi provenienti dal ciclo di depurazione sono spesso ricchi di sostanze tossiche, quindi devono essere a loro volta trattati per essere resi idonei allo smaltimento in discariche speciali o per poter essere riutilizzati in agricoltura.
Gli impianti di depurazione di ultima generazione, pur seguendo in linea di massima i passaggi del ciclo di depurazione standard, sono in grado di sintetizzare e migliorare notevolmente le varie fasi del processo. Ne sono un esempio gli impianti MBR (che noi di TEV Group abbiamo importato per primi in Europa), ma anche gli impianti SBR e MMF, che consentono un notevole risparmio di spazio, una gestione implementata delle sostanze di scarto, nonché un importante risparmio energetico rispetto ai depuratori tradizionali.